IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza, sul ricorso n. 2060/1988,
 proposto  da  Rosanna  Fantini,  Maria  Concetto   Pacetto,   Manuela
 Gargaloni,  Lucia  Michelucci,  Lucia  Buti,  Rosanna Piacente, Maria
 Rosalia, Marisa Cenci, Manuela Giannoni, Maria Pia Tinacci,  Giovanna
 Renieri,  Daniela  Pani,  Daniela  Bindi,  Laura  Lucarini, Antonella
 Sollazzi, Angela Lolli,  Maria  Teresa  Barranco,  Anna  Guglielmini,
 Cinzia   Maria   Landi,  Gabriella  Magnolfi,  Roberta  Felici,  Anna
 Nicastro,  Morena  Roschi,  Loretta  Guidetti,   Fortunata   Nastasi,
 Marialorenza  Marchi,  Concetta  Salinitro,  Adriana  Bonatti,  Nadia
 Nicoziani, Anna  Caciocci,  Nicoletta  Lorini,  Stefania  Pieraccini,
 Grazia   Pasquale  Zammuto,  Elena  Ferrini,  Mario  Moriconi,  Carla
 Nicolucci, Maria Grazia  Tanzi,  Sandra  Zamboni,  Maria  Bini,  Anna
 Melone, Tamara Ottanelli, Patrizia Fabbri, Carla Calloud, M. Cristina
 Gonnelli, Serena Ciullini, Laura Frassoni, Assunta De  Rosa,  Loretta
 Mazzanti,  Giuseppina  Ametrano,  Barbara  Maiani,  Luciana Di Gangi,
 Paola  Marcacci,  Saida  Innocenti  Fagni,  Ivana  Batazzi,  Giovanna
 Giovannelli,   Patrizia   Barolini,  Patrizia  Spagnesi,  Anna  Maria
 Nincheri,  Paola  Cristina  Magazzini,  Luisa  Gaetana  Peris,   Jole
 Corradi,  Maria  Tattoli,  Marta  Masoni,  Gisella Raimondo, Concetta
 D'Elia, Sandra Bensi, Giovanna Menchini, Maurizia Guidi, Maria  Piera
 Feil,  Gloria  Martelli,  Barbara  Castelli, Matteo Santalucia, Ivana
 Carlini, Giovanna Dini, Laura Vignoli, Maria Scarpelli, e sul ricorso
 n.  593/89,  proposto  da  Rosanna  Fantini,  Maria Concetta Pacetto,
 Manuela Gargaloni, Lucia Michelucci, Lucia  Buti,  Rosanna  Piacente,
 Maria  Rosalia,  Marisa  Cenci,  Manuela Giannoni, Maria Pia Tinacci,
 Giovanna  Renieri,  Daniela  Pani,  Daniela  Bindi,  Laura  Lucarini,
 Antonella   Sollazzi,  Angela  Lolli,  Maria  Teresa  Barranco,  Anna
 Guglielmi, Cinzia Maria Landi, Gabriella  Magnolfi,  Roberta  Felici,
 Anna  Nicastro,  Morena  Roschi, Loretta Guidetti, Fortunata Nastasi,
 Marialorenza  Marchi,  Concetta  Sanilitro,  Adriana  Bonatti,  Nadia
 Nicoziani,  Anna  Caciolli,  Nicoletta  Lorini,  Stafania Pieraccini,
 Grazia  Pasquala  Zammuto,  Elena  Ferrini,  Mario  Moriconi,   Carla
 Nicolucci,  Maria  Grazia  Tanzi,  Sandra  Zamboni,  Maria Bini, Anna
 Melone, Tamara Ottanelli, Patrizia Fabbri, Carla Calloud, M. Cristina
 Gonnelli,  Serena  Ciullini, Laura Frassoni, Assunta De Rosa, Loretta
 Mazzanti, Giuseppina Ametrano,  Barbara  Maiani,  Luciana  Di  Gangi,
 Paola  Marcacci,  Saida  Innocenti  Fagni,  Ivana  Batazzi,  Giovanna
 Giovannelli,  Patrizia  Bartolini,  Patrizia  Spagnesi,  Anna   Maria
 Nincheri,   Paola  Cristina  Magazzini,  Luisa  Gaetana  Peris,  Jole
 Corradi, Maria Tattoli,  Marta  Masoni,  Gisella  Raimondo,  Concetta
 D'Elia,  Sandra Bensi, Giovanna Menchini, Maurizia Guidi, Maria Piera
 Fei, Gloria Martelli,  Barbara  Castelli,  Matteo  Santalucia,  Ivana
 Carlini,  Giovanna  Dini,  Laura  Vignoli,  Maria  Scarpelli, Viviana
 Chisci, Manuela Nocentini, Maioli Antonella, Modi Antonietta, Viviana
 Valeria  e  Vella Girolama, rappresentate e difese dall'avv. Calogero
 Narese ed elettivamente domiciliate in Roma, viale  Mazzini  n.  142,
 presso  lo  studio  del  dott. Maurizio Marucchi, contro il Ministero
 della pubblica  istruzione  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato, per l'annullamento:
      quanto  al  ricorso  n.  2060/1988, dell'ordinanza del Ministero
 della pubblica istruzione n. 185 del 5 luglio 1988 applicativa  della
 legge  n.  246/1988  recante  conversione  con  modifiche del d.-l. 3
 maggio 1988, n. 140, per quanto attiene all'applicazione dell'art. 17
 del  medesimo  decreto-legge  (artt.  7  e  8 o.m.); delle istruzioni
 applicative diramate con circolare n. 219 del 26 luglio 1988; di ogni
 altro atto comunque connesso, presupposto e conseguente;
      quanto  al  ricorso  n.  593/1989,  dell'ordinanza del Ministero
 della pubblica istruzione n. 385 del 23  dicembre  1988,  applicativa
 dell'art.  8-  bis  della  legge  n. 426/1988 recante conversione con
 modifiche del d.-l. 6  agosto  1988,  n.  323;  di  ogni  altro  atto
 comunque connesso, presupposto e conseguente;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore alla pubblica udienza del 20 novembre 1989 il consigliere
 Maria Grazia Cappugi;
    Udito  l'avv.  Lorenzoni  per  le ricorrenti; nessuno comparso per
 l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Le ricorrenti - docenti precarie destinatarie della legge 4 luglio
 1988, n. 246, e della  legge  6  ottobre  1988,  n.  426,  in  quanto
 inserite   nelle   graduatorie   provinciali   ad   esaurimento  (poi
 trasformate in graduatorie nazionali) - impugnano con il  ricorso  n.
 2060/1988  l'o.m.  5  luglio 1988, n. 185, la c.m. 26 luglio 1988, n.
 219, nella parte in cui dispongono, ai sensi degli artt. 11 e 17  del
 d.-l. 3 maggio 1988, n. 140 (convertito nella legge n. 246/1988), che
 le immissioni in ruolo sono disposte gradualmente  nei  limiti  della
 disponibilita'  dei  posti;  le medesime ricorrenti (alle quali si e'
 aggiunto un ulteriore gruppo) con il ricorso  n.  593/1989  impugnano
 l'o.m.  23  dicembre 1988 n. 385 nella parte in cui dispone, ai sensi
 dell'art. 8- bis della legge n. 426/1988, che  le  nomine  effettuate
 durante  l'anno  scolastico  hanno  decorrenza  giuridica dall'inizio
 dell'anno scolastico in corso e non gia' le decorrenze previste dalle
 leggi n. 270/1982 e n. 246/1988.
    Con   entrambi   i   ricorsi  viene  dedotta  violazione  e  falsa
 applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 249/1987 in
 relazione alla legge n. 270/1982 nonche' eccesso di potere per errata
 considerazione  dei  presupposti,  illogicita'  e  contraddittorieta'
 assoluta,  sul  rilievo  che  le  disposizioni  in  questione,  lungi
 dall'estendere gli effetti della  Corte  costituzionale  25  novembre
 1986,  n. 249, alle categorie di docenti non direttamente contemplate
 hanno  modificato  radicalmente,  in  senso  peggiorativo   per   gli
 interessati,   il   regime   giuridico   della   legge   n.  270/1982
 sovrapponendo ad esso  un  regime  giuridico  nuovo,  espressione  di
 diversa scelta storica; infatti, mentre la legge n. 270 stabiliva che
 le immissioni in ruolo  ivi  previste  dovessero  disporsi  anche  in
 soprannumero,  indipendentemente  dalla  disponibilita'  di posti, la
 legge n. 246 ha subordinato l'immissione in ruolo alla disponibilita'
 di  posti vanificando cosi' in molti casi le finalita' perseguite dal
 legislatore del 1987 ed accentuando la discriminazione tra docenti in
 condizioni  del  tutto  identiche.  Cio'  in  palese  violazione  del
 principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione,  del
 principio  di  tutela  del  lavoro,  nonche'  del  principio  di buon
 andamento dell'amministrazione.
    Con  il  ricorso  n. 2060/1988 e' dedotta anche violazione e falsa
 applicazione dell'art. 17 della legge n. 246  del  4  luglio  1988  e
 degli  artt.  7  e  8  della  o.m.  n. 185 del 5 luglio 1988, nonche'
 ulteriore   eccesso   di    potere    per    assoluta    illogicita',
 contraddittorieta'  e  difetto  di motivazione: la contraddittorieta'
 del comportamento dell'Amministrazione e' resa ancora  piu'  evidente
 dalla  circolare  ministeriale 26 luglio 1988 (applicativa della o.m.
 n. 185) che ha bloccato le carriere al 1979 ai fini della  formazione
 delle  graduatorie,  vanificando tutti i meriti di carriera acquisiti
 successivamente.
    Si   e'   costituita   in   giudizio   per   resistere  l'intimata
 amministrazione della pubblica istruzione senza scritti difensivi.
                             D I R I T T O
    I  ricorsi  nn. 2060/1989 e 593/1989 indicati in epigrafe possono,
 per l'evidente connessione soggettiva ed oggettiva, essere riuniti.
    Poiche'  le  impugnate  ordinanze  e  circolari ministreriali sono
 state adottate in stretta applicazione degli  artt.  11  e  17  della
 legge  4  luglio 1988, n. 246 e dell'art 8- bis della legge 6 ottobre
 1988, n. 426, la questione di costituzionalita' delle suddette norme,
 cosi' come prospettata dalle ricorrenti, appare rilevante.
    Essa appare altresi' non manifestamente infondata.
    Occorre  innanzitutto  ricordare  che con legge 20 maggio 1982, n.
 270, al fine di  completare  la  manovra  tendente  ad  una  generale
 revisione  del  sistema  di  reclutamento  concorsuale  del personale
 docente in  modo  da  renderlo  per  il  futuro  unico  strumento  di
 selezione,  si  e'  ritenuto di sanare le situazioni pregresse per le
 quali dovevano ritenersi gia' maturate aspettative  in  relazione  al
 titolo  dei  rapporti di servizio, alla durata del servizio medesimo,
 nonche' al possesso della certificazione di professionalita'  (titolo
 di studio e abilitazione).
    Nell'operare  tale  sanatoria il legislatore, mentre per i docenti
 titolari dei vari tipi di incarico fino all'anno scolastico  1980-81,
 ultimo  anno  utile  per  il  conferimento di tali tipi di nomina, ha
 previsto  l'immissione  in   ruolo   consentendo   il   conseguimento
 dell'abilitazione  - a chi ne fosse sprovvisto - in apposita sessione
 riservata per i supplenti ha ritenuto invece, per evitare il  sorgere
 di nuove aspettative, di stabilire una delimitazione temporale tra il
 vecchio ed il nuovo regime, individuandola nel momento di entrata  in
 vigore della legge n. 270.
    Il  legislatore,  peraltro,  nel presupposto che la legge medesima
 potesse entrare in  vigore  agli  inizi  del  1982,  ha  ritenuto  di
 individuare l'ultimo anno scolastico utile - con particolare riguardo
 al possesso dei requisiti di servizio - nell'anno scolastico 1980-81,
 la  legge  legge  n. 270 e' invece entrata in vigore solo il 6 giugno
 1982, in un momento cioe' in cui erano venuti a  maturazione  per  il
 personale  docente  supplente  i 180 giorni di servizio che, ai sensi
 dell'art. 38 delle legge medesima, dovevano ritenersi sufficienti per
 considerare  utile,  ai  fini della immissione in ruolo, anche l'anno
 scolastico 1981-82.
    Ne   e'   conseguita  la  necessita'  di  una  nuova  disposizione
 legislativa che, operando un'interpretazione autentica  della  norma,
 spostasse di un anno il termine ultimo per la valutazione dei servizi
 prestati. A cio' si e' provveduto con  l'emanazione  della  legge  16
 luglio  1984,  n. 326, che ha previsto, con riguardo al requisito del
 servizio prestato, l'utilita' dell'anno scolastico  1981-82  ai  fini
 dell'immissione  in  ruolo,  con decorrenza peraltro dal 10 settembre
 1984.
    A  tale  sistema  di  sanatoria  ope  legis  del  precariato si e'
 sovrapposta la sentenza della Corte  costituzionale  n.  249  del  25
 novembre  1986  con  la  quale  e'  stata dichiarata l'illegittimita'
 costituzionale:
       a)  degli artt. 35, quarto comma, 37 e 57 della legge 10 maggio
 1982, n. 270, nella parte in  cui  non  prevedono  l'estensione  agli
 insegnanti  in  servizio  con  titolo  di supplenza annuale nell'anno
 scolastico 1981-82 dei benefici ivi disposti per  gli  insegnanti  in
 servizio con titolo di incarico nell'anno scolastico 1980-81;
       b)  degli  artt. 35, 37, 38 e 57 della stessa legge n. 270/1982
 nella parte in cui non consentono  ai  supplenti  in  servizio  nella
 scuola  ordinaria  di usufruire del trattamento disposto a favore dei
 supplenti nei corsi Cracis dall'art. 46, secondo comma.
    In  sostanza  la  Corte  costituzionale  ha  rilevato che le norme
 sottoposte al suo esame operavano una  ingiustificata  disparita'  di
 trattamento,  ponendosi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
 La stessa Corte ha tuttavia limitato gli effetti della  dichiarazione
 di  incostituzionalita'  -  con evidente riferimento alla materia del
 contendere dei giudizi nei quali erano state  sollevate  le  relative
 questioni  -  agli articoli esplicitamente indicati e no ad altri che
 pure presentavano gli stessi profili di incostituzionalita'.
    Si  e' in tal modo venuta a determinare una situazione in cui - in
 relazione a determinate categorie di personale, pur in  possesso  dei
 medesimi  requisiti  o addirittura di requisiti piu' qualificanti dei
 docenti diretti destinatari della sentenza della Corte costituzionale
 - veniva perpetuata l'irrazionale disparita' di trattamento, non solo
 per l'ovvio parallelismo con le situazioni considerate dalla sentenza
 medesima,  ma  con  l'ulteriore  aggravamento derivante dagli effetti
 stessi della decisione in questione.
    Sull'interpretazione  e  l'applicazione della sentenza della Corte
 costituzionale il Ministero della pubblica istruzione pose una  serie
 di  quesiti  al Consiglio di Stato il quale, con parere della sezione
 seconda n. 439 del 25 febbraio 1987, preciso' che gli  effetti  della
 decisione  medesima  dovevano  essere  circoscritti,  allo  stato, ai
 docenti della scuola secondaria e,  piu'  precisamente  ai  soli  non
 abilitati. In conformita' a tale parere, l'amministrazione scolastica
 dette esecuzione alla sentenza della Corte  costituzionale  solo  nei
 confronti  dei  docenti  non  abilitati  della  scuola secondaria che
 avevano tempestivamente impugnato la  loro  esclusione  dai  benefici
 previsti dalla legge n. 270/1982.
    La suddetta sentenza non fu quindi applicata in via amministrativa
 ne' agli  insegnanti  appartenenti  a  categorie  diverse  da  quelle
 espressamente   contemplate   (insegnanti   della   scuola   materna,
 elementare, di istruzione artistica,  e  insegnanti  abilitati  della
 scuola  secondaria),  ne'  a  coloro che, pur trovandosi nelle stesse
 condizioni  dei  docenti  espressamente  considerati,  avendo   fatto
 affidamento sulla legittimita' dell'operato dell'amministrazione, non
 avevano proposto tempestivo ricorso.
    Il  consiglio  di  Stato  aveva  tuttavia con concluso il suddetto
 parere osservando: "Si ritiene  con  cio'  di  avere  ricostruito  la
 disciplina  conseguente  alla pronuncia della Corte, nel rispetto del
 dispositivo di questa e dei princi'pi generali in materia. Nondimeno,
 la  sezione  e'  consapevole che la disciplina cosi' ricostruita puo'
 sembrare poco appagante, soprattutto per le disparita' di trattamento
 e  certe  contraddizioni.  Tali inconvenienti non sembrano superabili
 per via interpretativa, per la preminente  ragione  che  le  sentenze
 costituzionali  di accoglimento non sono suscettibili di applicazione
 analogica; essi dunque potranno richiedere un intervento  legislativo
 di cui il Ministero, ove lo ritenga, potra' farsi promotore".
    In  conformita' al suggerimento del Consiglio di Stato, il Governo
 aveva  predisposto  un   decreto-legge   con   cui   dava   integrale
 applicazione,  nei  confronti di tutte le categorie di docenti non di
 ruolo, ai princi'pi  affermati  nella  citata  sentenza  della  Corte
 costituzionale.  Tale  decreto  fu pero' ritirato e sostituito con il
 d.-l. 3  maggio  1988,  n.  140,  che  all'art.  11  stabilisce:  "Le
 disposizioni  previste  dall'art.  57  della legge 20 maggio 1982, n.
 270, si applicano anche alle categorie ivi  contemplate  in  servizio
 con  supplenza  annuale  nell'anno scolastico 1981-82". "Nell'art. 46
 della legge 20 maggio 1982, n. 270, primo e secondo comma, agli  anni
 scolastici  1979-80  e 1980-81, si aggiunge l'anno scolastico 1981-82
 ed il sessennio antecedente al 10 settembre 1981,  ivi  previsto,  e'
 sostituito dal settennio antecedente al 10 settembre 1982".
    "Nell'art.  53  della  legge  20  maggio  1982,  n. 270, agli anni
 scolastici 1979-80, o 1980-81 si aggiunge l'anno scolastico 1981-82".
    "Agli insegnanti che abbiano comunque svolto negli anni soclastici
 1978-79 o 1979-80 o 1980-81 o 1981-82 un anno di servizio in qualita'
 di  supplente  nelle  scuole  materne, nelle scuole elementari, nelle
 scuole ed istituti di istruzione artistica statali che abbiano svolto
 un altro anno di servizio di insegnamento non di ruolo nelle medesime
 scuole ed  istituti  nel  settennio  antecedente  alla  data  del  10
 settembre  1982,  nonche'  agli  insegnanti che abbiano nel settennio
 suddetto conseguito nei concorsi di accesso ai ruoli  nelle  predette
 scuole  ed  istituti  una  votazione media non inferiore al punteggio
 corrispondente a sette  decimi  e  che  abbiano  svolto,  sempre  nel
 medesimo   settennio,  almeno  180  giorni  di  servizio,  anche  non
 continuativi, in qualita'  di  supplenti  nelle  medesime  scuole  od
 istituti,   si   applicano  rispettivamente  e,  ove  sia  prescritta
 l'abilitazione, a seconda che siano abilitati o  non  abilitati,  gli
 artt. 25, 30, 34 e 37 della legge 20 maggio 1982, n. 270".
    "Le  disposizioni  recate  dagli artt. 8 e 9 della legge 25 agosto
 1982, n. 604, si applicano anche agli insegnanti che abbiano prestato
 servizio  non  di  ruolo  con  nomina conferita ai sensi dell'art. 3,
 quarto comma, del d.-l.  6  giugno  1981,  n.  281,  convertito,  con
 modificazioni,   dalla  legge  24  luglio  1981,  n.  392,  nell'anno
 scolastico 1981-82, ovvero, per i paesi nei quali  l'anno  scolastico
 ha inizio in data diversa da quella del territorio metropolitano, che
 abbiano prestato servizio durante l'anno scolastico 1981-82 e fossero
 in servizio alla data del 9 settembre 1982".
    "Il  disposto  di  cui  ai commi 4, 5, 6 e 7 si applica anche agli
 insegnanti che, ai sensi dell'art. 9 della legge 26 maggio  1975,  n.
 327,  abbiano  prestato  servizio  di insegnamento non di ruolo nelle
 istituzioni scolastiche e culturali italiane all'estero  e  siano  in
 possesso dei requisiti previsti".
    "Le  disposizioni contenute nell'ottavo, nono e decimo comma, sono
 estese, in quanto applicabili,  al  personale  insegnante  che  abbia
 prestato  servizio nei Paesi in via di sviluppo, ai sensi della legge
 8 febbraio 1979, n. 38".
    "Le  immissioni  in  ruolo  sono  effettuare  secondo le modalita'
 previste dall'art. 17".
    Il  successivo art. 17 stabilisce tra l'altro, al primo comma, che
 le "immissioni in ruolo  previste  negli  artt.  11,  14  e  15  sono
 disposte  gradualmente  nei  limiti  delle disponibilita' dei raltivi
 posti".
    Il  d.-l. n. 140/1988 e' stato poi convertito nella legge 4 luglio
 1988, n. 246.
    Mentre  per  effetto  della sentenza della Corte costituzionale il
 personale interessato aveva beneficiato degli  stessi  effetti  della
 legge  n.  270/1982,  con  conseguente  immissione  in ruolo anche in
 soprannumero, per effetto del d.-l.  n.  140/1988,  convertito  nella
 legge  n.  246/1988,  che  aveva  lo  scopo  di  estendere i benefici
 previsti dalla legge n. 270/1982 a tutte le categorie di docenti  che
 si  trovavano  nelle  stesse condizioni della categorie alle quali si
 riferiva la sentenza stessa, e' disposta non  l'immissione  in  ruolo
 immediata ma l'immissione in ruolo graduale sulla base di graduatorie
 provinciali e nei limiti dei posti disponibili  (disponibilita'  che,
 fatta  salva la percentuale dei posti riservati ai trasferimenti e di
 quelli  destinati  ai  concorsi  gia'  indetti,  e'  in  alcuni  casi
 pressoche' nulla).
    Poiche'  molti  dei  destinatari  della  legge n. 246/1988, che in
 applicazione  dei  princi'pi  sanciti  dalla   Corte   costituzionale
 avrebbero  avuto  diritto all'immissione in ruolo immediata, anche in
 soprannumero, conseguiranno tale  immissione  in  ruolo  tra  anni  e
 alcuni  forse  mai,  non  sembra  che  il  denunciato contrasto delle
 disposizioni censurate con l'art. 3 della Costituzione sia infondato.
    Che  l'intento dichiarato del d.-l. n. 140/1988 sia proprio quello
 di   eliminare   le   discriminazioni   risultanti   dalla   parziale
 applicazione della sentenza n. 246/1986 della Corte costituzionale e'
 fuori discussione e risulta anche dagli  atti  parlamentari  relativi
 all'iter di conversione.
    Del  resto  il  Consiglio di Stato, nel citato parere n. 439/1987,
 aveva ricordato che le  sentenze  della  Corte  costituzionale  hanno
 effetto  erga  omnes  e  che  tale effetto e' di norma retroattivo, a
 maggiore ragione  quando  -  come  nella  specie  -  hanno  carattere
 sostanzialmente    provvedimentale,    di    modo    che   escludendo
 l'applicabilita' alle situazioni anteriori alla sentenza quest'ultima
 risulterebbe inutiliter data.
    Aveva  anche  osservato  che  il  problema dell'applicazione delle
 sentenza di accoglimento va affrontato con  criteri  ben  diversi  da
 quelli  comunemente utilizzati in tema di "estensione del giudicato";
 non si tratta, invero, di "estendere"  in  giudicato,  ma  di  vedere
 quali  siano  gli atti e i comportamenti dovuti e non dovuti in forza
 della legge quale essa risulta a seguito della pronuncia  demolitoria
 o  manipolatoria  della  Corte.  Se  in  sede  di applicazione in via
 amministrativa  si  deve  tener  conto  delle  eventuali  preclusioni
 determinatesi  e  della  irretrattabilita'  degli atti legittimamente
 compiuti, e comunque non ritualmente impugnati, e'  evidente  che  il
 legislatore  non  e'  condizionato da tali preclusioni formali e deve
 dare  applicazione  ai   generali   princi'pi   di   equita'   e   di
 regionevolezza.
    Le   diverse   giustificazioni   che   potrebbero  essere  addotte
 (diminuzione della popolazione scolastica, destinazione di  posti  ai
 concorsi,  ecc.)  in  realta'  non rispondono all'obiezione che se il
 legislatore della legge n. 270/1982 avesse fatto corretto uso del suo
 potere  applicando  sin  da  allora  i  princi'pi  costituzionali poi
 riaffermati dalla Corte tutte le ricorrenti avrebbero gia' conseguito
 l'immissione  in ruolo, mentre a seguito dell'entrata in vigore della
 legge n. 246 in questione tutte le discriminazioni tra  categorie  di
 docenti  in  possesso  dei medesimi requisiti, di cui al Consiglio di
 Stato aveva auspicato  l'eliminazione  in  via  normativa,  rimangono
 sotto il profilo delle diverse modalita' di immissione in ruolo.
    Considerazioni  del tutto analoghe valgono per l'art. 8- bis della
 legge 6 ottobre 1988, n. 426, nella  parte  in  cui  dispone  che  le
 nomine   effettuate   durante   l'anno  scolastico  hanno  decorrenza
 giuridica dall'inizio dell'anno scolastico in corso  e  non  gia'  le
 decorrenze previste dalla legge n. 270/1982 e n. 246/1988.
    Va  ricordato  che  la Corte costituzionale, con ordinanza n. 1120
 del 20 dicembre 1988,  pronunciandosi  nei  giudizi  di  legittimita'
 costituzionale promossi dalla sezione aventi ad oggetto la esclusione
 di determinate categorie di  docenti  dai  benefici  derivanti  dalla
 sentenza  n.  249/1986,  ha  ritenuto  opportuno che il giudice a quo
 procedesse ad un nuovo esame della  rilevanza  delle  questioni  alla
 stregua  della sopravvenuta normativa, e cioe' del d.-l. n. 140/1988,
 convertito nella legge n. 246/1988, e della legge n. 426/1988; se  la
 stessa   Corte  avesse  ritenuto  che  tale  normativa  sopravvenuta,
 riguardante categorie di docenti  prima  esclusi  dalla  sentenza  n.
 249/1986, avesse soddisfatto tutti i diritti dei docenti interessati,
 avrebbe  potuto   dichiarare   l'inammissibilita'   della   questione
 proposta.
    In  conclusione,  deve  ritenersi  non manifestamente infondata la
 questione di costituzionalita' degli artt.  11  e  17,  primo  comma,
 della  legge  n. 246/1988 e dell'art. 8- bis della legge n. 426/1988,
 per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.